Con la decisione in esame le Sezioni Unite, risolvendo un contrasto di giurisprudenza, hanno affermato il principio secondo cui “è ricorribile per cassazione la sentenza di patteggiamento nella parte relativa alla condanna alla rifusione delle spese di parte civile, in particolare per quanto attiene alla legalità della somma liquidata e alla esistenza di una corretta motivazione sul punto, una volta che sulla relativa richiesta, proposta all’udienza di discussione, nulla sia stato eccepito”. 


RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 29 settembre 2010 il Tribunale di Arezzo, sez. dist. di Sansepolcro, a norma degli artt. 444 e 448 cod. proc. pen., applicava a Tiziana Tizzi e Nara Bianchi la pena, condizionalmente sospesa, di quattro mesi di reclusione in ordine al reato di cui agli artt. 110, 482 cod. pen., previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e con la diminuente del rito. Le condannava alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, liquidate in complessivi euro 3.098,72, oltre IVA e CPA come per legge.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, tramite il comune difensore di fiducia, le imputate, denunciando la violazione di legge e il difetto di motivazione in relazione alla liquidazione delle spese in euro 3.098,72 in favore della parte civile, tenuto conto del fatto che la stessa non aveva dovuto sopportare spese di simile entità, per le quali non vi era, comunque, idonea giustificazione e analitica valutazione.
Contestano, in particolare, le competenze di cui alla tabella "funzioni" con riferimento alle voci "accesso cancelleria per deposito lista testi", "costituzione in giudizio", "esame ordinanza giudice", "partecipazione alle udienze", "partecipazione lettura sentenza", "consultazioni con il cliente", "corrispondenza informativa".
Osservano, inoltre, che alcune competenze della tabella "onorari" sono prive di giustificazione alla luce delle seguenti considerazioni.
L'applicazione del massimo tariffario per l'informativa telefonica della parte mal si concilia con la peculiare natura del rito prescelto.
Per le voci "corrispondenza con il cliente", "esame e studio", "redazione della querela" non sono stati rispettati i limiti tariffari.
La richiesta di liquidazione di euro 309,90 non trova riscontro nella tariffa professionale e deve intendersi assorbita dalla voce "redazione della querela".
Infine, altre voci ("corrispondenza" e "consultazioni", "indennità di accesso per ricerca mezzi di prova", "atto di costituzione di parte civile", "partecipazione alle udienze") non trovano riscontri obiettivi nell'attività effettivamente svolta dal patrono di parte civile, avuto riguardo alla struttura del patteggiamento.
3. La Quinta Sezione penale, cui i ricorsi erano stati assegnati ratione materiae, registrata l'esistenza di un contrasto di giurisprudenza sul tema centrale che ne ha formato oggetto, con ordinanza emessa il 29 marzo novembre 2011 ha rimesso i ricorsi medesimi alle Sezioni Unite, a norma dell'art. 618 cod. proc. pen.
4. Il Primo Presidente, con decreto in data 26 maggio 2011, ha assegnato i ricorsi alle Sezioni Unite, fissando per la trattazione l'odierna udienza camerale.

CONSIDERATO IN DIRITTO.
1. La questione di diritto devoluta alle Sezioni Unite può essere riassunta nei seguenti termini: "se sia ricorribile la sentenza di patteggiamento nella parte relativa alla condanna alla rifusione delle spese di parte civile, in particolare per quanto attiene alla congruità delle somme liquidate e alla coerenza della motivazione sul punto, una volta che, sulla relativa richiesta, proposta all'udienza di discussione, nulla sia stato eccepito.
2. Come osservato dalla ordinanza di rimessione, la problematica sottoposta all'esame del Collegio è in concreto rilevante sotto due profili.
La questione concernente la totale assenza della motivazione della sentenza impugnata in merito alla determinazione della somma posta a carico delle imputate a titolo di rifusione delle spese sostenute dalla parte civile s'intreccia, infatti, con il tema più generale della fisionomia della decisione ex art. 444 cod. proc. pen. e dell'estensione dell'accordo fra le parti.
In via preliminare si tratta, quindi, di stabilire se la pronuncia sulle spese sostenute dalla parte civile abbia un fondamento pattizio, dal momento che essa si inserisce all'interno di uno schema di giustizia contrattata, e se l'entità della somma da liquidare, così come indicata nella nota presentata dalla stessa parte civile nel corso dell'udienza di discussione, venga a far parte dell'accordo tra le parti, ossia dei termini del patteggiamento.
3. In proposito si registrano due contrastanti orientamenti nell'ambito della giurisprudenza di legittimità.
3.1. Un primo indirizzo interpretativo ritiene che l’accordo fra il pubblico ministero e l'imputato, in quanto pertinente esclusivamente agli aspetti penalistici e sanzionatori, non si estende a quelli strettamente inerenti la liquidazione delle spese sostenute dalla parte civile, la cui entità non è, pertanto, ricompresa nell'accordo processuale.
Posto, dunque, che la domanda della parte civile di essere sollevata dalle spese processuali è strutturalmente estranea all'accordo intercorrente tra pubblico ministero e imputato sulla pena da applicare in relazione ad una determinata fattispecie criminosa e che su tale domanda il giudice ha il dovere di decidere con una pronuncia avente natura formale e sostanziale di condanna, è indubbio che su tale capo della sentenza la parte interessata (imputato o parte civile) è legittimata a dedurre, mediante il ricorso per cassazione, le normali censure che attengono alla valutazione giudiziale circa la pertinenza delle voci di spese, la loro documentazione e congruità. Proprio per consentire siffatto controllo sulla statuizione accessoria alla sentenza di patteggiamento, il giudice ha il dovere di fornire adeguata motivazione (Sez. 6, n. 7902 del 03/02/2006, Fassina, Rv. 233698; Sez. 6, n. 3057 del 20/12/2000, dep. 11/01/2001, Fanano, Rv. 219707; cfr. inoltre, Sez. 4, n. 20796 del 03/05/2006, Lopo, Rv. 234593 che ha affrontato il tema in modo incidentale).
In coerenza con queste premesse teoriche si argomenta, inoltre, che è rilevabile in sede di legittimità il vizio motivazionale della sentenza di applicazione di pena nella determinazione globale dell'ammontare delle spese liquidate in favore della parte civile, in quanto ostativo della doverosa verifica delle parti in ordine al rispetto dei limiti tariffari e delle altre condizioni di legge nelle singole voci di spesa (Sez. 2, n. 39626 dell'11/05/2004, Di Pinto, Rv. 230052)
3.2. Le decisioni che si collocano sull'altro versante interpretativo argomentano che la pronuncia sulle statuizioni contenute nella sentenza di patteggiamento in favore della parte civile, essendo necessariamente oggetto di rappresentazione ed accettazione da parte dell'imputato che abbia avanzato l’istanza di applicazione della pena o vi abbia aderito, viene a far parte, pur se non espressamente, di un atto plurilaterale.
Dalla riconducibilità della liquidazione degli esborsi sostenuti dalla parte civile all'ambito dell'accordo delle parti derivano, quale logiche conseguenze, l'applicazione anche agli stessi del principio dell'intangibilità dell'accordo e l'inammissibilità delle censure mosse, mediante il ricorso per cassazione, dall'imputato che nulla aveva eccepito in sede di patteggiamento.
Questo secondo indirizzo ermeneutico non giunge, però, ad affermare il carattere incondizionato dell'adesione all'accordo, e si pone il problema della mancanza di conoscenza in capo alla parte - al momento della richiesta o dell’accettazione della pena - dell’ammontare e della giustificazione delle spese oggetto dell'istanza di liquidazione della parte civile, la cui presentazione si colloca in un successivo momento processuale. A tale riguardo osserva che è onere della parte che intenda contestare la misura delle spese richieste dalla parte civile sollevare specifica eccezione sui contenuti della nota da quest’ultima presentata nel corso dell’udienza. Ove nulla venga eccepito in proposito in quella sede, é preclusa la possibilità di avanzare, con il ricorso per cassazione, rilievi circa la congruità delle spese liquidate (Sez. 5, n. 14309 del 21/03/2008, Leoni, Rv. 239491; Sez. 5, n. 35599 del 27/09/2002, Ridolfi, Rv. 222684; Sez. 6, n.2815 del 21/01/1999, Mingon, Rv. 213473; Sez. 5, n. 6375 del 26/11/1998, dep. 18/01/1999, Costa, Rv. 212149; Sez. 3, n. 2000 del 02/05/1996, Maranini, Rv. 205469).
Alcune delle pronunce riconducibili a questo indirizzo rilevano, ulteriormente, che grava sull'imputato che impugna la statuizione della sentenza relativa alla liquidazione delle spese processuali in favore della parte civile l'onere di dimostrare, qualora la liquidazione sia stata effettuata in misura assai contenuta, l'esistenza di uno specifico interesse a sostegno della richiesta di applicazione delle tariffe professionali (Sez. 5, n. 21056 del 08/04/2011, Rosania, non massimata; Sez. 2, n. 24790 del 16/04/2010, Halilovic, Rv. 247737).
4. Il Collegio ritiene di condividere il primo dei due orientamenti illustrati sulla base di argomentazioni di tipo letterale e logico-sistematico.
Sotto il profilo soggettivo, il tenore testuale del comma 2 del novellato art. 444 cod. proc. pen. rende evidente che il danneggiato è escluso dalla partecipazione all'accordo che intercorre fra imputato e pubblico ministero, pur avendo lo ius loquendi sulle questioni che formano oggetto della valutazione del giudice; si pensi, a mero titolo esemplificativo, alle iniziative, esterne al patteggiamento, volte ad indurre il giudice a respingere l'accordo o a postulare la subordinazione dell'eventuale sospensione condizionale della pena alla eliminazione delle conseguenze dannose del reato (cfr. in proposito Sez. 3, n. 2442 del 18/06/1997, Groppelli, Rv. 208809; Sez. 5, n. 3305 del 01/7/1996, Carboni, Rv. 205864; Sez. 5, n. del 06/10/1993, Salerno; Sez. 3, n. 3683 del 29/11/1991, Genvaldo, Rv. 188725; Sez. 4, 26 novembre 1991, Addario).
Da un punto di vista oggettivo, il dato normativo ha una portata inequivoca nel definire la natura e i contenuti tipici del patteggiamento sulla pena unicamente in relazione agli aspetti penalistico-sanzionatori e nel lasciare strutturalmente estranea all'accordo intercorrente tra il pubblico ministero e l'imputato sulla pena da applicare ad una determinata fattispecie delittuosa la parte civile, i cui interessi non possono filtrare nell'accordo attraverso il pubblico ministero neppure sotto il limitato profilo della rifusione delle spese sostenute (Sez. 4, n. 6670 del 09/04/1991, Pilotti, Rv. 187788).
Né, d'altra parte, si può ipotizzare che, parallelamente all'accordo principale tra pubblico ministero e imputato, si perfezioni implicitamente un patto autonomo - pur se intimamente connesso al primo - tra l'imputato e il danneggiato. Per escludere tale opzione esegetica appaiono decisive le seguenti considerazioni sull'ipotetico meccanismo di conclusione del presunto accordo.
Innanzitutto la condanna alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile può mancare, quando il giudice, all'esito della verifica in ordine alla legittimazione del soggetto leso dal reato, ordinariamente assorbita nella statuizione sul petitum, ritenga lo stesso privo di legittimazione (Sez. U, n. 12 del 19/05/1999, Pediconi, Rv. 213857).
In secondo luogo dal novellato art. 444, comma 2, cod. proc. pen. si evince che manca qualsiasi forma di automatismo tra la richiesta del soggetto leso e il provvedimento del giudice, avendo quest'ultimo il potere di compensare, in tutto o in parte, per giusti motivi, le spese. Poiché, come ha evidenziato un'autorevole dottrina, la compensazione equivale a mancanza di condanna, è agevole concludere che il giudice chiamato a pronunciare sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. ha la facoltà di porre solo in parte o di non porre affatto le spese a carico dell'imputato.
Infine, in presenza di una domanda di rifusione delle spese tempestivamente proposta dalla parte civile, il giudice, anche in assenza della produzione della relativa nota, può ugualmente procedere alla liquidazione delle stesse sulla base della tariffa professionale vigente, atteso che l'art. 153 disp. att. cod. proc. pen. non commina alcuna sanzione di nullità o inammissibilità per l'inosservanza del dovere della parte civile di depositare la predetta nota (Sez. U, n. 20 del 27/10/1999, Fraccari, Rv. 214640).
Sulla base delle considerazioni sinora svolte possono trarsi due conclusioni.
La domanda della parte civile tesa ad ottenere la rifusione delle spese sostenute nel processo svoltosi nelle forme di cui all'art. 444 cod. proc. pen., pur inserendosi in uno schema di giustizia contrattata, esula dall'accordo intercorso tra il pubblico ministero e l'imputato circa la pena da applicare in ordine ad un determinato reato. L'entità della somma da liquidare a titolo di rifusione delle spese sostenute dalla parte civile non è compresa nei termini del patteggiamento e forma oggetto di una decisione che, pur se inserita nel rito alternativo, si connota per la sua autonomia (in quanto prescinde dalla pronunzia sul merito) e per la maggiore ampiezza dello spazio decisorio attribuito al giudice rispetto a quello inerente ai profili squisitamente penali.
Tali affermazioni ben si armonizzano con i principi espressi dalla Consulta (Corte cost., sent. n. 443 del 1990) che, nel ritenere incompatibile con il parametro costituzionale (art. 24 Cost.) l'omessa previsione della condanna dell'imputato a rifondere le spese sostenute dal danneggiato, ha sottolineato l'irragionevolezza della preclusione ad una pronuncia su un oggetto “non così strettamente collegato alla sentenza di condanna per la responsabilità civile", come quello sulle "spese processuali sostenute dalla parte civile".
5. Non merita di essere condivisa neppure l'affermazione - presente in talune delle sentenze riconducibili al secondo indirizzo interpretativo - che sia onere dell'imputato sollevare specifica eccezione sui contenuti della nota spese presentata dalla parte civile nel corso dell'udienza, qualora intenda contestare la loro entità.
All'accoglimento di questa tesi ostano argomenti di tipo sistematico.
Innanzitutto tale considerazione può valere soltanto nelle ipotesi in cui la nota spese sia effettivamente presentata, ma non si attaglia alla generalità dei casi, atteso che, come già in precedenza accennato, il giudice, in presenza di una tempestiva domanda della parte civile, ben può procedere alla liquidazione delle spese da essa sostenute sulla base della tariffa professionale vigente anche in assenza della produzione della relativa nota (Sez. U, n. 20 del 27/10/1999, Fraccari, cit.).
Inoltre la richiesta di applicazione concordata della pena ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. non vincola il giudice che ben può rigettarla, ove ritenga la pena non adeguata.
La decisione sulle spese della parte civile interviene, comunque, soltanto dopo che sia stata positivamente risolta la questione dell'applicabilità della pena concordata fra le parti essenziali del processo.
Per tutte queste ragioni la previsione di un onere di contestazione gravante sull'imputato non appare coerente con la peculiarità del rito e con le sue scansioni procedimentali (cfr. Sez. U, n. 47803 del 27/11/2008, D'Avino, Rv. 241356 sulle problematiche poste dalla presentazione della richiesta di applicazione della pena nel corso delle indagini preliminari con conseguente non ammissibilità della costituzione di parte civile e illegittimità della condanna dell'imputato al pagamento delle spese sostenute dal danneggiato dal reato la cui costituzione sia stata ammessa dal giudice nonostante tale divieto).
6. Considerato, quindi, che la domanda di rifusione delle spese processuali avanzata dalla parte civile nell'ambito del processo instaurato nelle forme di cui all'art. 444 cod. proc. pen. è estranea all'accordo intercorrente tra il pubblico ministero e l'imputato e che il giudice è tenuto a provvedere su tale richiesta, con una pronuncia avente natura formale e sostanziale di "condanna", soltanto dopo avere positivamente vagliato la sussistenza dei presupposti per l'applicazione della pena concordata tra le parti essenziali del processo, è indubbio che su questo capo della sentenza la parte interessata (imputato o parte civile) è legittimata a formulare i rilievi attinenti alla pertinenza delle voci di spesa, alla loro congruità, alla loro documentazione.
Correlativamente sussiste il dovere del giudice di fornire, pur nell'ambito di una valutazione discrezionale, un'adeguata motivazione sulle singole voci riferibili all'attività svolta dal patrono di parte civile e sulla congruità delle somme liquidate, tenuto conto del numero e dell'importanza delle questioni trattate, della tipologia ed entità delle prestazioni difensive, avuto riguardo ai limiti minimi e massimi fissati dalla tariffa forense.
L'osservanza di tale dovere, che costituisce il risvolto del potere discrezionale di disporre la compensazione, totale o parziale, delle spese sostenute dalla parte civile, è preordinata a consentire alle parti la doverosa verifica in ordine alla pertinenza delle singole voci di spesa e all'osservanza delle altre condizioni di legge nella liquidazione delle singole voci di spesa (fra le tante, Sez. 1, n. 21868 del 07/05/2008, Grillo, Rv. 240421; Sez. 4, n. 10920 del 29/11/2006, dep. 15/03/2007, Velia, Rv. 236186; Sez. 5, n. 10143 del 25/01/2005, Polacco, Rv. 230918; Sez. 2, n. 39626 dell'11/05/2004, Di Pinto, Rv. 230052; Sez. 4, n. 5301 del 21/01/2004, Fichera, Rv. 227093).
Una determinazione globale, senza distinzione tra onorari, competenze e spese, non consente alle parti di verificare il rispetto dei limiti tariffari e di controllare l'eventuale onerosità, necessaria per consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l'accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti e alle tariffe (v. Sez. U, n.6402 del 30/4/1997, Dessimone, nonché Sez. 4, n. 10920 del 29/11/2006, dep. 15/03/2007, Velia, Rv. 236186; Sez. 2, n. 39626 dell'11/05/2004, Di Pinto, Rv. 230052; Sez. 3, n. 557 del 10/02/1999, Mazzitelli, Rv. 213551).
La liquidazione delle spese in favore della parte civile non può essere, quindi, effettuata con semplice riferimento alla determinazione fatta nella nota spese presentata in giudizio, in quanto non contiene alcuna valutazione sulla congruità degli emolumenti in relazione alle previsioni della tariffa professionale ed all'entità e pertinenza delle somme anticipate, sicché viene sottratta, di fatto, all'imputato qualsiasi possibilità di controllo sulla stessa.
Pertanto il giudice, nel liquidare dette spese, ha il dovere di fornire adeguata motivazione sia sull'individuazione delle voci riferibili effettivamente alle singole attività defensionali dedotte, che sulla congruità delle somme liquidate, avuto riguardo ai limiti minimi e massimi della tariffa forense, al numero e all'importanza delle questioni trattate e alla natura ed entità delle singole prestazioni difensive (Sez. 5, n. 39208 del 28/09/2010, Filpi, Rv. 248661; Sez. 2, n. 26264 del 05/06/2007, Tropea, Rv. 237168; Sez. 6, n. 7902 del 03/02/2006, Fassina, Rv. 233699; Sez. 5, n. 8442 del 18/01/2005, Stipa, Rv. 230687 che ha ritenuto legittima la liquidazione anche dell'onorario dovuto per l'atto di costituzione e per la procura, nonché per le voci "corrispondenza" e "sessioni" alla luce del disposto dell'art. 5 della tariffa penale di cui al d.m. n. 585 del 1994).
Tale dovere di specifica motivazione è tanto più cogente qualora correlato all'entità della somma liquidata che superi sensibilmente la media per tipologie di procedimenti di analoga difficoltà.
7. Sulla base di tutte le considerazioni sinora svolte può, pertanto, affermarsi il seguente principio di diritto: «è ricorribile per cassazione la sentenza di patteggiamento nella parte relativa alla condanna alla rifusione delle spese di parte civile, in particolare per quanto attiene alla legalità della somma liquidata e alla esistenza di una corretta motivazione sul punto, una volta che sulla relativa richiesta, proposta all'udienza di discussione, nulla sia stato eccepito».
8. Alla luce dei principi in precedenza illustrati i ricorsi meritano accoglimento.
La sentenza impugnata non ha, infatti, assolto il dovere di motivazione sulla rifusione delle spese della parte civile, atteso che, nell'ambito del procedimento definito con sentenza di applicazione della pena concordata fra le parti, è stata liquidata la somma complessiva di euro 3.098,72 di cui euro 45,126 per spese vive, senza alcuna specificazione dei criteri adottati in proposito.
L'assoluta carenza di motivazione su tale aspetto comporta l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla liquidazione delle spese in favore della parte civile.
9. Poiché l'imputato non ha formulato censure in ordine all'omessa compensazione delle spese né alla sussistenza di giusti motivi per provvedere in tal senso (art. 541 cod. proc. pen.) e l'oggetto della domanda riguarda unicamente le disposizioni della sentenza concernenti le spese processuali della parte civile, l'annullamento va disposto con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d'appello, a norma dell'art. 622 cod. proc. pen., dovendosi discutere in tale sede solo del quantum.
10. Per tutte queste ragioni s'impone l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla liquidazione delle spese a favore della parte civile e il rinvio alla Corte d'appello di Firenze in sede civile.

                                                                                                                  P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla liquidazione delle spese a favore della parte civile e rinvia alla Corte di appello di Firenze in sede civile. Così deciso il 14 luglio 2011.