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CONTRAVVENZIONI
Disturbo, molestia e rumari – Esercizio di una professione o di un mestiere rumoroso – Suoeramento dei limiti di rumorosità consentiti – Trattamento sanzionatorio – Reato – Esclusione – Mero illecito amministrativo – Residua rilevanza penale – Condizioni - Fattispecie. (C.p., articolo 659, comma 2; legge 26 ottobre 1995 n. 447, articolo 10, comma 2)
L’inquinamento acustico conseguente all’esercizio di mestieri rumorosi, che si concretizza nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia, integra l’illecito amministrativo di cui all’articolo 10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995 n. 447 (legge quadro sull’inquinamento acustico) e non la contravvenzione di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone 8articolo 659, comma 2, del C.p.), che risulta residualemente configurabile, peraltro, nel caso della violazione delle prescrizioni attinenti il problema della rumorosità diverse da quelle concernenti i limiti delle emissioni o immissioni sonore. (Da queste premesse, è stata annullata senza rinvio perché il fatto non è previsto come reato la sentenza di condanna pronunciata in una vicenda in cui agli imputati, responsabili di un bar, si contestava che il relativo esercizio disturbasse la quiete pubblica, il sonno e il riposo delle persone «in conseguenza dell’inquinamento dei limiti stabiliti dal D.p.c.m. 14 novembre 1997»).
Sezione I, sentenza 19 aprile – 11 giugno 2013 n. 25601 – Pres. Chieffi; Rel. Rocchi; Pm (diff.) Mura; Ric. Arosio e altro
FISCO E TRIBUTI
Reati tributari – Reddito del professionista – Percezione – Momento rilevante - Fattispecie. (D.lgs. 10 marzo 2000 n. 274, articolo 3; D.pr. 22 dicembre 1986 n. 917, articolo 54).
Il reddito del professionista (determinato ai sensi dell’articolo 54 del D.pr. 22 dicembre 1986 n. 917) va dichiarato, ai fini fiscali, con i conseguenti risvolti di natura penalistica in ordine all’individuazione degli elementi attivi da indicare nelle dichiarazioni annuali, secondo il principio di cassa e non di competenza, ossia avendo riguardo al momento in cui il professionista consegue la disponibilità delle somme: così, in caso di pagamento in contanti, la disponibilità si ha al momento della percezione del denaro; in presenza di assegni bancari o circolari, il momento rilevante è quello della consegna al ricevente; per i bonifici bancari, invece, assume rilievo il momento in cui la somma risulta posta a disposizione del professionista, incaricato di gestire, quale trustee o amministratore fiduciario, un patrimonio separato costituito in trust, si è ritenuto che la disponibilità materiale del compenso professionale per l’attività svolta correttamente era stata individuata, dall’accusa, nel momento in cui era stata disposta la liquidazione finale dei beneficiari del trust, con il mantenimento sul conto bancario intestato al fondo solo della somma corrispondente al compenso professionale, di cui il soggetto poteva disporre liberamente; per l’effetto, la Corte, accogliendo il ricorso del pubblico ministero, ha annullato con rinvio l’ordinanza del tribunale del riesame che aveva invece revocato il decreto di sequestro preventivo per equivalente dei beni nella disponibilità dell’indagato – chiamato a rispondere del reato di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 274 del 2000 – erroneamente sostenendo che l’indagato non era venuto ancora in possesso del reddito da compenso professionale, perché materialmente ancora depositato sul conto del trust, pur dopo l’avvenuta liquidazione)
Sezione III, sentenza 19 marzo – 5 giugno 2013 n. 24533 – Pres. Teresi; Rel. Orilia; Pm (diff.) Mazzotta; Ric. Proc. trib. Verbania in proc. Sicer
IMPUGNAZIONI PENALI
Appello – Rinnovazione dell’istruzione dibattimentale – Reformatio in peius di una sentenza di assoluzione – Sentenza Corte Edu 5 luglio 2011, nel caso Dan c/Moldavia – Obbligatoria rinnovazione dell’istruzione – Condizioni – Diversa valutazione di attendibilità di un teste ritenuto in primo grado inattendibile - Necessità. (C.p.p., articolo 603)
Il giudice di appello per riformare in peius una sentenza assolutoria è obbligato – in base all’articolo 6 Cedu, così come interpretato dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 5 luglio 2011, nel caso Dan c/Moldavia – alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale solo quando intende operare un diverso apprezzamento di attendibilità di una prova orale, ritenuta in primo grado non attendibile. Pertanto, l’obbligo del giudice di procedere al nuovo esame dei testimoni, è subordinato a due presupposti: a) la decisività della prova testimoniale ai fini dell’affermazione di responsabilità; b) la necessità di una rivalutazione da parte del giudice di appello dell’attendibilità dei testimoni, esclusa in primo grado.
Sezione V, sentenza 7 maggio – 3 luglio 2013 n. 28645 – Pres. Bevere; Rel. Lignola; Pm (conf.) D’Angelo; Ric. Russi
REATI CONTRO L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA
Favoreggiamento personale – Reato presupposto di natura permanente – Cessazione della permanenza per la configurabilità del favoreggiamento – Esclusione – Qualificazione della condotta d’ausilio. (C.p., articolo 378)
La configurabilità del favoreggiamento con riguardo a un reato presupposto di carattere permanente (quale, nella specie, quello di cui all’articolo 416-bis del C.p.), non è radicalmente esclusa quando la permanenza sia ancora in atto, ma è necessario che la condotta di ausilio non possa in alcun modo tradursi in un sostegno o incoraggiamento alla prosecuzione dell’attività delittuosa da parte del beneficiario, che darebbe luogo invece a responsabilità per il reato associativo.
Sezione VI, sentenza 5 marzo – 24 giugno 2013 n. 27720 – Pres. Agrò; Rel.Ippolito; Pm (diff.) Mura; Ric. Frattaruolo
REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Istigazione alla corruzione – Richiesta di denaro da parte del pubblico ufficiale rifiutata dal privata – Reato – Ravvisabilità – Tentativo di concussione – Differenze - Fattispecie. (C.p., articoli 56, 317 e 322).
Nel caso di una richiesta, anche reiterata, di denaro da parte del pubblico ufficiale, che venga comunque rifiutata dal privato, non ricorre il reato di concussione, neppure nella forma del tentativo, ma è configurabile quello di istigazione alla corruzione, previsto dall’articolo 322, comma 4, del C.p., quando difettino gli elementi della costrizione o dell’induzione nei confronti del privato, prodotta dal pubblico ufficiale con l’abuso della sua qualità o dei suoi poteri. A tal fine deve trattarsi di una richiesta avanzata senza una particolare insistenza, all’interno di un particolare insistenza, all’interno di un rapporto che la vicenda storico-fattuale consenta di ritenere concretamente caratterizzato da una totale parità di posizioni tra i soggetti che vi prendono parte, e oggettivamente diretto al mercimonio dei pubblici poteri: al privato, in sostanza, viene prospettato, su basi paritarie, un semplice scambio di favori, nell’assenza di ogni tipo di minaccia, diretta o indiretta,e soprattutto nell’assenza di ogni, ulteriore abuso della qualità o dei poteri. Per effetto, sarà invece ravvisabile il tentativo di concussione ogni qual volta la condotta del pubblico ufficiale sia astrattamente idonea a determinare uno stato di soggezione, anche se poi – per la particolare resistenza o forza del soggetto passivo – tale risultato non si produca. (Da queste premesse, la Corte ha ritenuto ravvisabile non il reato di concussione, bensì quello di istigazione alla corruzione previsto dall’articolo 322, comma 4, del C.p., nella condotta di un consulente tecnico di ufficio, nominato in una causa civile per la determinazione dell’indennità di esproprio, che prenda contatti con una delle parti prospettandole una supervalutazione del bene immobile come alternativa alla sua corretta valutazione – che comunque effettuerà – e le chieda di corrispondergli una percentuale da calcolare sulla differenza dell’importo complessivamente stimato: richiesta solo simulatamente accettata dal privato per consentire l’arresto in flagranza del responsabile)
Sezione VI, sentenza 25 gennaio – 3maggio 2013 n. 19190 – Pres. Agrò; Rel. De Amicis; Pm (diff.) Volpe; Ric.Fabbri
REATI CONTRO LA FAMIGLIA
Maltrattamenti in famiglia – Serie di reiterati atteggiamenti di violenza – Necessità – Insulti reciproci dei coniugi – Assenza di vessazioni sistematiche – Configurabilità del reato – Esclusione. (C.p., articolo 572)
La fattispecie incriminatrice contemplata dalla norma di cui all’articolo 572 del C.p. si sostanzia in una serie di reiterati atteggiamenti di violenza, sia fisica che morale, tali da integrare una condotta sistematicamente vessatoria nei confronti della persona offesa. Ai fini della configurabilità del reato, pertanto, si rileva necessario provare sia la sussistenza di tali condotte, che la reiterazione delle stesse, non potendosi sussumere nella previsione incriminatrice della richiamata norma quelle condotte che, seppure violente o minacciose, non presentino il carattere della episodicità. il delitto di maltrattamenti in famiglia, pertanto, deve essere escluso ogni qualvolta, come nella specie, il rapporto tra i coniugi, seppure conflittuale e spesso contrassegnato da insulti reciproci, non sia stato mai caratterizzato da maltrattamenti o vessazioni sistematiche, poiché ivi non raggiunga la prova dei profili ontologici del reato contestato. (Nella specie la stessa persona offesa ha escluso che vi siano stati inadempimenti da parte dell’imputato circa gli obblighi di mantenimento del nucleo familiare, ovvero minacce e altre condotte di coartazione nei confronti suoi o dei figli, per cui deve farsi luogo a una pronuncia assolutoria per insussistenza del fatto).
Tribunale di Foggia, sentenza 19 marzo 2013 n. 141
CIRCOLAZIONE STRADALE E CODICE DELLA STRADA
Guida sotto l’influenza dell’alcool – Confisca del veicolo – Esclusione per la persona estranea al reato – Proprietario del veicolo presente su esso come passeggero – Legittimità della confisca. (D.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, articolo 186)
Ai fini della confisca del veicolo, in caso di guida in stato di ebbrezza, non può considerarsi estranea al reato la persona, diversa dal conducente e proprietario di esso, che sia presente sul mezzo come passeggera.
Sezione IV, sentenza 18 dicembre 2012 – 5 aprile 2013 n. 15898 – Pres. Marzano; Rel.Izzo; Pm (conf.) Izzo ; Ric.Pg appello Venenzìa in proc. Janusz
DIFENSORE PENALE
Impedimento a comparire – Certificato medico attestante lo stato di avanzata gravidanza del difensore – Legittimo impedimento - Esclusione. (C.p.p., articoli 420 – ter e 484).
E’ legittima la decisone con cui il giudice affermi l’insussistenza del legittimo impedimento del difensore ex articolo 420 – ter, comma 5, del C.p.p., qualora esso sia dovuto allo stato di avanzata gravidanza dello stesso difensore, in quanto il solo stato di avanzata gravidanza non può di per sé costituire, in assenza di specifica attestazioni sanitarie indicative del pericolo derivante dall’aspletamento delle attività ordinarie o professionali, causa di legittimo impedimento.
Sezione V, sentenza 18 aprile – 17 maggio 2013 n. 21262 – Pres. Zecca; Rel.Vessichelli; Pm (conf.) Spinaci; Ric. Rocco
PROCEDIMENTO PENALE
Richiesta di rinvio a giudizio – Giudice dell’udienza preliminare – Dichiarazione di nullità – Atto abnorme - Esclusione. (C.p.p., articoli 415 – bis, 416 e 606).
Non è impugnabile, neanche sotto il profilo dell’abnormità, l’ordinanza con la quale il Gup, a fronte di una richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero, individuatane una nullità, disponga che lo stesso pubblico ministero provveda al rinnovo dell’atto viziato. (Fattispecie in cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso del pubblico ministero avverso l’ordinanza con cui il giudice aveva dichiarato la nullità della richiesta di rinvio a giudizio, restituendo gli atti allo stesso pubblico ministero, rilevando che era stato irritualmente notificato all’imputato l’avviso ex articolo 415 – bis del C.p.p.).
Sezione VI, sentenza 9 aprile – 16 maggio 2013 n. 21113 – Pres.Milo; Rel. Capozzi; Pm (conf..) Geraci; Ric. Proc. Rep. trib. in proc. Dragutinovic
REATI CONTRO LA FAMIGLIA
Sottrazione di persone incapaci – Sottrazione del figlio minore da parte di un genitore ai danni dell’altro – Reato – Configurabilità - Fattispecie. (C.p., articolo 574)
Integra il reato di cui all’articolo 574 del C.p. la condotta del genitore che, contro la volontà dell’altro, sottragga il figlio per un periodo di tempo rilevante, impedendo l’altrui esercizio della potestà genitoriale e allontanando il minore dall’ambiente d’abituale dimora. A tal fine, peraltro, occorre che l’azione determini un «impedimento» per l’esercizio delle diverse manifestazioni della potestà dell’altro genitore, cui venga globalmente sottratto il minore, con conseguente impossibilità di esercizio della funzione educativa e dei poteri insiti nell’affidamento.
(Nella specie, è stata annullata con rinvio la sentenza di condanna pronunciata a carico del padre che si assumeva avesse trattenuta presso la propria abitazione, per circa due settimane, la figlia minore, affidata alla madre, giacchè risultava omesso ogni accertamento in ordine all’effettivo ostacolo che tale condotta aveva in ipotesi avuto sull’esercizio della potestà dell’altro genitore)
Sezione VI, sentenza 19 febbraio – 27 maggio 2013 n. 22911 – Pres. Agrò; Rel.Fidelbo; Pm (diff.) Mazzotta
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