RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza dell'11 maggio 2011 la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano in data 19 aprile 2007, con la quale Stefano Napolitano era stato dichiarato colpevole dei reati di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni contraffatti, nonché di ricettazione aggravata e condannato alla pena di anni uno, mesi otto di reclusione ed euro 500,00 di multa, oltre alla misura di sicurezza patrimoniale della confisca ed alle pene accessorie, nonché al risarcimento dei danni ed alla rifusione delle spese in favore della parte civile Guccio Gucci s.p.a. La Corte territoriale ha rigettato il motivo di gravame con il quale l'appellante aveva eccepito la nullità della sentenza impugnata per vizi della notifica del decreto di citazione al giudizio di primo grado, eseguito con le forme previste per gli imputati irreperibili, senza che detta notificazione fosse stata preceduta dalle ricerche prescritte dall'art. 159 cod. proc. pen. e dalla emissione del decreto di irreperibilità. Sul punto la sentenza impugnata ha osservato che il decreto di irreperibilità era già stato emesso dal Pubblico Ministero in occasione della notificazione dell'avviso di chiusura delle indagini preliminari ex art. 415-bis, cod. proc. pen. Tale provvedimento doveva considerarsi emesso "a conclusione" delle indagini e non "nel corso delle indagini" stesse, con la conseguente inapplicabilità della disciplina di cui all'art. 160, comma 1, cod. proc. pen. invocata invece dall'appellante. La Corte territoriale ha inoltre rigettato i motivi di gravame con i quali l'appellante aveva chiesto di essere assolto dai reati ascrittigli, perché il fatto non sussiste o non costituisce reato; chiesto la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale in appello e, in subordine, la riduzione della pena inflitta dal Tribunale. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso personalmente l'imputato, che, con un primo motivo, deduce, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., l'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità. La sentenza impugnata ha erroneamente rigettato l'eccezione di nullità del decreto di citazione a giudizio e di tutti gli atti ad esso successivi per violazione delle norme processuali in materia di notificazione del predetto decreto di citazione e dell'emissione del decreto di irreperibilità dell'imputato. Il decreto di citazione a giudizio era stato notificato con le forme previste per gli imputati irreperibili senza che fossero state eseguite le prescritte ricerche e senza un apposito decreto di irreperibilità, con la conseguenza che il giudizio di primo grado si era svolto in contumacia dell'imputato, che non era stato messo in grado di partecipare al procedimento a suo carico. Secondo il ricorrente il decreto di irreperibilità emesso dal P.M. per la notificazione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis cod. proc. pen., rientra tra i provvedimenti che fanno parte del "corso delle indagini" e, pertanto, aventi efficacia limitata a tale fase, ai sensi dell'art. 160, comma 1, cod. proc. pen. e non già "a conclusione" delle stesse, come aveva affermato la Corte di appello. Solo al decreto di citazione a giudizio può essere riconosciuto l'effetto della vocatio in iudicium in grado di condurre alla successiva fase dibattimentale. Nel caso in esame, pertanto, dovevano essere effettuate nuove ricerche dell'imputato ed emesso un nuovo decreto di irreperibilità ad hoc. Con un secondo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., mancanza, contraddittorietà ed illogicità manifesta della motivazione, deducendo che la sentenza impugnata ha confermato quella del Tribunale, di cui ha richiamato le motivazioni, senza analizzare le specifiche doglianze rivolte in quella sede con riferimento alla esistenza dell'elemento soggettivo dei reati contestati. In particolare il ricorrente lamenta che la Corte di appello aveva desunto la consapevolezza della provenienza delittuosa della merce, risultata oggetto di contraffazione, dal fatto che egli svolgeva attività commerciale di import-export proprio di tali articoli e che tali articoli non erano stati da lui acquistati direttamente dalle ditte produttrici. La Corte territoriale, però, non ha adeguatamente considerato che la contraffazione risultava di tale perfezione da poter trarre in inganno chiunque, e quindi anche il ricorrente stesso. Il prevenuto, non avendo coscienza di aver acquistato oggetti contraffatti e non avendo competenze tecniche specifiche per poterne riconoscere la non originalità, sostiene che l'accertamento dei reati contestati avrebbe avuto, perciò, bisogno di un'argomentazione specifica circa la prova della consapevolezza della provenienza delittuosa della merce. 3. La Seconda Sezione penale della Corte di cassazione, assegnataria del ricorso, con ordinanza del 13 gennaio 2012 lo ha rimesso alle Sezioni Unite, a norma dell'art. 618 cod. proc. pen. Con la predetta ordinanza la Sezione rimettente ha ravvisato un contrasto nella giurisprudenza della Corte di cassazione, peraltro già segnalato dall'ufficio del Massimario, in ordine alla idoneità del decreto di irreperibilità emesso dal p.m. per la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari anche ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio. L'ordinanza indica un orientamento interpretativo, secondo il quale il decreto di irreperibilità emesso dal p.m. per la notificazione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari conserva efficacia anche ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio (Sez. 2, n. 29914 del 17/05/2007, Manganaro, Rv. 237315; Sez. 2, n. 35078 del 24/05/2007, Calcatelli, Rv. 237756; Sez. 2, n. 18576 del 18/03/2009, Puglisi, Rv. 244444; Sez. 2, n. 8029 del 09/02/2010, Braho, Rv. 246449; Sez. 2, n. 42957 del 18/11/2010, Ambrogi, Rv. 249122; Sez. 5, n. 34828 del 11/07/2011, A., Rv. 250944). Secondo l'indirizzo interpretativo espresso dalle pronunce citate, tramite l’avviso previsto dall'art. 415-bis cod. proc. pen. «il pubblico ministero comunica all'indagato la conclusione delle indagini preliminari con l'avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria, con facoltà per l'indagato e il difensore di prenderne visione ed estrarne copia». In tale momento non sarebbero, perciò, più "in corso" le indagini preliminari e non potrebbe farsi riferimento all'art. 160, comma 1, cod. proc. pen. quanto alla cessazione di efficacia del decreto emesso «nel corso delle indagini preliminari», essendo lo stesso emesso "dopo" la conclusione delle stesse, sì da non essere assimilabile di certo a quello emesso per le finalità investigative indicate dall'art. 160, comma 1, cod. proc. pen. A tale orientamento se ne contrappone un altro, sempre richiamato dalla sezione rimettente, secondo il quale il decreto di irreperibilità emesso nel corso delle indagini preliminari non può valere ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, poiché la chiusura delle indagini (art. 160, comma 1, cod. proc. pen.), quale momento-limite di efficacia del decreto di irreperibilità emesso nel corso di esse, coincide non già con la "notificazione" del decreto di citazione a giudizio, ma con la "emissione" di quest'ultimo da parte del pubblico ministero. Perciò, ai fini della vocatio in iudicium, quale inizio della fase del giudizio realizzata con la notificazione del provvedimento, è necessario un nuovo decreto di irreperibilità la cui omissione determina la nullità del decreto di citazione a giudizio e, nella specie, la nullità del giudizio, della sentenza di primo grado e di quella di appello (Sez. 1, n. 5698 del 28/01/2003, Vedda, Rv. 223312; Sez. 1, n. 29226 del 13/07/2005, Serigne, Rv. 232100; Sez. 2, n.17999 del 03/05/2006, Arnesano, Rv. 234760; Sez. 5, n.30072 del 24/03/2009, Pesce, Rv. 244481; Sez. 2, n. 2741 del 14/10/2009, dep. 21/01/2010, Tiperciuc, Rv. 246260). 4. Il Primo Presidente, con decreto del 21 marzo 2012, ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite, fissando per la trattazione dello stesso l'odierna pubblica udienza. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. La questione sottoposta all'esame delle Sezioni Unite è la seguente: «Se il decreto di irreperibilità per la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari conservi efficacia anche ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio». 2. L'indirizzo interpretativo che risponde in senso affermativo a detto quesito (Sez. 2, n. 29914 del 17/05/2007, Manganare, Rv. 237315; Sez.2, n. 35078 del 24/05/2007, Calcatelli, Rv. 237756; Sez. 2, n. 18576 del 18/03/2009, Puglisi, Rv. 244444; Sez. 2, n. 8029 del 09/02/2010, Braho, Rv. 246449; Sez. 2, n. 42957 del 18/11/2010, Ambrogi, Rv. 249122; Sez. 5, n. 34828 del 11/07/2011, A., Rv. 250944), muove essenzialmente dalla considerazione che l'avviso di conclusione delle indagini preliminari, pur essendo emesso nei confronti di persona "sottoposta ad indagini", si colloca «oltre la fase di chiusura delle indagini» perché «l'espressione "sottoposta ad indagini" è un'indicazione priva di valenza temporale in termini di attualità e ben può stare ad indicare che si tratta di persona che è stata sottoposta ad indagini, mediante il riferimento ad un fatto storico antecedente» (Sez. 2, n. 29914 del 17/05/2007, Manganare, Rv. 237315). Sulla stessa linea si è affermato che, poiché la lettera della norma fa riferimento alla notifica di un avviso con il quale il pubblico ministero comunica all'indagato "la conclusione delle indagini preliminari", con l'avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria, con facoltà per l'indagato e il difensore di prenderne visione ed estrarne copia, le indagini preliminari non sarebbero più "in corso", non potendo dunque farsi riferimento all'art. 160, comma 1, cod. proc. pen., che prevede la cessazione di efficacia del decreto emesso, appunto, "nel corso delle indagini preliminari". Peraltro, anche la ratio della norma sarebbe, in tal modo, pienamente rispettata considerando che il decreto di irreperibilità per la notifica dell'avviso ex art. 415- bis cod. proc. pen. viene emesso, di regola, in prossimità temporale al decreto di citazione a giudizio, quando la situazione di fatto che riguarda l'indagato non può subire modifiche di rilievo, sicché, in mancanza di "nuove indagini" eventualmente disposte dal pubblico ministero, sarebbe irragionevole richiedere per la notifica del provvedimento che dispone il giudizio un nuovo decreto di irreperibilità, che sarebbe meramente reiterativo di quello precedentemente emesso (Sez. 2, n. 35078 del 24/05/2007, Calcatelli, Rv. 237756; Sez. 2, n. 18576 del 18/03/2009, Puglisi, Rv. 244444; Sez. 2, n. 8029 del 09/02/2010, Braho, Rv. 246449; Sez. 2, n. 42957 del 18/11/2010, Ambrogi, Rv. 249122). Inoltre le cautele previste dall'art. 160 cod. proc. pen. con riguardo alle limitazioni all'efficacia del decreto di irreperibilità, in sostanza volte ad assicurare una più sicura conoscibilità del procedimento a carico dell'interessato, sono da considerarsi rispettate dall'art. 415-bis cod. proc. pen. poiché questo fornisce «una sicura conoscenza del procedimento e una consapevole partecipazione della difesa» (Sez. 2, n. 8029 del 09/02/2010, Braho, Rv.246449) e va quindi ricondotto ad un momento successivo rispetto a quello delle indagini preliminari. 3. La giurisprudenza che afferma l'inefficacia del decreto di irreperibilità emesso in occasione della notificazione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis cod. proc. pen. ai fini della notificazione anche del decreto ex art. 552 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 5698 del 28/01/2003, Vedda, Rv. 223312; Sez. 1, n. 29226 del 13/07/2005, Serigne, Rv. 232100; Sez. 2, n. 17999 del 03/05/2006, RM. in proc. Arnesano, Rv. 234760; Sez. 5, n.30072 del 24/03/2009, Pesce, Rv. 244481; Sez. 2, n. 2741 del 14/10/2009, dep. 21/01/2010, Tiperciuc, Rv. 246260), muove da una considerazione di ordine generale relativa alla natura del decreto di citazione diretta a giudizio: da un lato lo stesso «costituisce esercizio dell'azione penale con l'effetto di concludere la fase delle indagini preliminari, e dall'altro, con la sua notificazione all'imputato ed alle altre parti, è l'atto di impulso che segna l'inizio di una nuova fase processuale, quella del dibattimento», di talché la chiusura delle indagini preliminari di cui all'art. 160, comma 1, cod. proc. pen. non coincide con la notificazione del decreto di citazione a giudizio, ma con la sua emissione da parte del p.m.; ne consegue che, ai fini della vocatio in iudicium dell'imputato, che si realizza con la notificazione del provvedimento, è necessario che il p.m. emetta un nuovo decreto di irreperibilità secondo quanto previsto dall'art. 160, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 5698 del 28/01/2003, Vedda, Rv. 223312). Le pronunce espressive di tale indirizzo, richiamando espressamente Sez. U, n. 28807 del 29/05/2002, Manca, Rv. 221999, a sua volta riproduttiva di quanto già affermato da Sez. U, n. 13390 del 28/10/1998, Boschetti, Rv. 211904, rilevano che il decreto di citazione a giudizio, che è l’atto con il quale il pubblico ministero esercita l'azione penale, produce effetti anche indipendentemente dalla sua notificazione, interrompendo la prescrizione già dalla data della sua emissione. In altri termini, dunque, poiché l'art. 160 cod. proc. pen. limita l'efficacia del decreto di irreperibilità emesso nel corso delle indagini preliminari sino alla conclusione di detta fase, l'inizio di una nuova fase (quella del giudizio), inaugurata dalla notifica del decreto di citazione richiede necessariamente, essendo ormai caducato il precedente, un nuovo decreto di irreperibilità. 4. La questione rimessa alle Sezioni Unite comporta Tesarne delle conseguenze della modifica al codice di procedura penale vigente, apportata dall'art. 17 legge 16 dicembre 1999, n. 79, che ha introdotto l'art. 415-ò/s cod. proc. pen. Tale articolo 415-bis si colloca nel Libro Quinto denominato: "Indagini preliminari e udienza preliminare" ed in tale ambito nel Titolo Ottavo intitolato: "Chiusura delle indagini preliminari". L'art. 415-bis cod. proc. pen. reca la rubrica: "Avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari". L'avviso di conclusione delle indagini, che contiene la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto, deve essere inviato dal pubblico ministero, prima della scadenza del termine previsto dall'art. 405, comma 2, cod. proc. pen. anche se prorogato, se non deve essere formulata richiesta di archiviazione ai sensi degli artt. 408 e 411 cod. proc. pen. L'avviso contiene altresì l'avvertimento che la documentazione relativa alle indagini è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l'indagato ed il suo difensore possono prenderne visione ed estrarne copia. Si tratta dunque di un atto preordinato, in base agli elementi fino a quel momento noti al pubblico ministero, alla richiesta di rinvio a giudizio o all’emissione del decreto di citazione a giudizio, dal momento che è subordinato alla condizione negativa che non debba essere richiesta archiviazione. Con il compimento di tale atto il pubblico ministero rende inoltre noti all'indagato ed al suo difensore gli atti di indagine compiuti, eloquente segno, al di là della collocazione e della rubrica, che l'organo inquirente ritiene concluse le indagini preliminari. Con riferimento al momento dell'introduzione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari non è prevista alcuna norma di coordinamento con l'art. 160 cod. proc. pen. Tale articolo, nel comma 1, stabilisce che il decreto di irreperibilità emesso dal giudice o dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari cessa di avere efficacia con il provvedimento che definisce l'udienza preliminare ovvero, quando questa manchi, con la chiusura delle indagini preliminari. Come efficacemente hanno precisato le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 21833 del 22/02/2007, Iordache, Rv. 236372, «il deposito degli atti segnala soltanto la fine della attività investigativa del pubblico ministero» (pag. 21 sentenza citata) e quindi in conseguenza di tale atto le ordinarie indagini preliminari hanno termine, salvo il solo eventuale compimento di ulteriore attività, d'iniziativa o a richiesta della persona sottoposta ad indagini o del suo difensore. 5. La tesi secondo la quale, ai fini della emissione di decreto di citazione a giudizio, il decreto di irreperibilità emesso ai fini della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari non ha efficacia, muove dall'assunto che, al momento dell'emissione e della notifica di tale avviso la fase delle indagini preliminari non si sia ancora conclusa, poiché le stesse si concludono solo con l'esercizio dell'azione penale. Questo argomento è la base sulla quale gli indirizzi di giurisprudenza e dottrina, orientati alla necessità di emissione di un nuovo decreto di irreperibilità, fondano l'affermazione che il precedente decreto emesso ai fini della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini sia inidoneo a consentire la notifica del decreto di citazione a giudizio. Infatti, affermano tali indirizzi, solo con l'emissione di tale decreto possono considerarsi concluse le indagini preliminari, perché con esso viene esercitata l'azione penale. 6. L'assunto richiamato sembra però riposare su un equivoco interpretativo. L'art. 160, comma 1, cod. proc. pen. non pone come discrimine per la efficacia del decreto di irreperibilità l'esercizio dell'azione penale, tant'è vero che, nell'ipotesi di richiesta di rinvio a giudizio, la stessa sarà validamente notificata, insieme all'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, sulla base del decreto emesso dal giudice o dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari. Quindi l'atto di esercizio dell'azione penale (la richiesta di rinvio a giudizio) ed un atto successivo a tale esercizio (l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare) sono notificati sulla scorta del decreto di irreperibilità emesso ai fini dell'avviso di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen. per espressa disposizione di legge (il citato art. 160, comma 1, cod. proc. pen.). Quando invece l'udienza preliminare manchi, il limite di efficacia è posto dalla stessa norma nella chiusura delle indagini preliminari, ma non nell'esercizio dell'azione penale. La fase delle indagini preliminari sembra, dopo l'introduzione dell'art. 415- bis cod. proc. pen., essere stata scissa in due distinti periodi, quello delle indagini del pubblico ministero e quello, successivo all'avviso all'indagato della conclusione delle indagini, relativo alla possibilità per la persona sottoposta ad indagini di chiedere ulteriori attività investigative, di depositare memorie, documenti, documentazione relativa ad investigazioni difensive o di chiedere di essere interrogato. È possibile che vengano, dopo la notificazione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, compiute ulteriori indagini sia su richiesta dell'indagato che d'iniziativa del pubblico ministero, ma ciò non potrà che aver luogo a discovery avvenuta. 7. Irrilevante è il richiamo effettuato all'art. 160, comma 2, cod. proc. pen. operato nelle pronunzie che sostengono la non efficacia del decreto di irreperibilità emesso ai fini della notifica dell'avviso di cui all'art. 415-bis cod. proc. pen. anche ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, dal momento che tale disposizione si limita ad affermare che «Il decreto di irreperibilità emesso dal giudice per la notificazione degli atti introduttivi dell'udienza preliminare nonché il decreto di irreperibilità emesso dal giudice o dal pubblico ministero per la notificazione del provvedimento che dispone il giudizio cessano di avere efficacia con la pronuncia della sentenza di primo grado», ma nulla dice circa l'efficacia del decreto di irreperibilità emesso ai fini della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini, né potrebbe dire alcunché di ulteriore, posto che tale norma è anteriore all'introduzione dell'art. 415-bis cod. proc. pen. 8. In definitiva non sembrano sussistere ragioni ostative a ritenere che il decreto di irreperibilità, emesso dal pubblico ministero ai fini della notificazione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, dispieghi efficacia ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio. Siffatta soluzione presenta altresì il pregio di assimilare l'efficacia del menzionato decreto di irreperibilità sia ai fini della notifica della richiesta di rinvio a giudizio (unitamente all'avviso di fissazione dell'udienza preliminare) sia ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, rendendolo prodromico all'esercizio dell'azione penale. 9. Non sembrano avere fondamento neppure gli argomenti che tendono a limitare la efficacia del decreto di irreperibilità alla sola notifica dell'avviso di conclusione delle indagini richiamando la tutela del diritto al contraddittorio. Benché sia apprezzabile l'intenzione del legislatore di far compiere ogni sforzo per instaurare un reale contraddittorio addivenendo al rintraccio dell'irreperibile attraverso la reiterazione delle ricerche, non sembra, salva l'ipotesi di cui si dirà di ulteriori indagini effettuate dal pubblico ministero, che la effettuazione di nuove ricerche ad un intervallo brevissimo di tempo dalle precedenti, possa essere di qualche concreta utilità al fine di addivenire al rintraccio dell'irreperibile. La Corte Europea del Diritti Umani, con sentenza 11 novembre 2004, Sejdovic ha affermato che è onere dell'Autorità giudiziaria «compiere ogni sforzo per procurare all'accusato la conoscenza reale del procedimento, condizione essenziale di una rinuncia consapevole e non equivoca a comparire». Tale onere implica però il compimento di sforzi che siano idonei al fine perseguito, cioè che abbiano una qualche utilità concreta sotto il profilo della possibilità di addivenire al rintraccio della persona irreperibile e che non si risolvano nella mera formale reiterazione di atti da poco compiuti, che nulla possono aggiungere per individuare il luogo dove la persona sottoposta ad indagini si possa trovare, al fine di renderla edotta dell'accusa mossa suo carico. Il procedimento a carico di irreperibili rimane una anomalia rispetto al diritto di difesa sancito tanto dalla Costituzione quanto dalle Convenzioni internazionali, ma tale anomalia non può certo essere elisa da adempimenti di carattere solo formale senza nessuna concreta idoneità a rendere possibile una reale conoscenza in capo all'accusato del procedimento. La necessità di assicurare nel processo penale un vero contraddittorio, anche ai fini dell’allineamento alla normativa convenzionale, dovrà ragionevolmente essere ricercata dal legislatore in soluzioni del tutto diverse, che eliminino il processo a carico di persone irreperibili, salvo che la irreperibilità sia stata volontariamente determinata dalla persona sottoposta alle indagini che si sia resa irreperibile per sottrarsi al procedimento. 10. Diversa soluzione deve essere adottata invece nell'ipotesi in cui il pubblico ministero, dopo la notifica dell'avviso di conclusone delle indagini preliminari, svolga ulteriore attività di indagini. Va premesso che è irrilevante, in proposito, l'interrogatorio della persona sottoposta ad indagini, poiché, laddove l'interrogatorio avvenisse, cesserebbe la situazione di irreperibilità dell'interrogato. Invece quando il pubblico ministero, su sollecitazione del difensore o autonomamente, svolga ulteriori indagini, si deve ritenere che il decreto di irreperibilità emesso ai fini della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini cessi di avere efficacia ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, e ciò per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo perché in tale ipotesi le indagini non sarebbero state in concreto concluse. In secondo luogo perché verrebbe meno l'arco temporale ristretto che rende in concreto superflua l'effettuazione di nuove ricerche e l'emissione di un nuovo decreto di irreperibilità. In tale ipotesi diventerebbe pertanto utile la reiterazione delle ricerche e la emissione di un nuovo decreto di irreperibilità, giacché il decorso del tempo può comportare nuovi accadimenti rilevabili con le nuove ricerche effettuate. 11. Si deve pertanto affermare che «il decreto di irreperibilità emesso dal pubblico ministero ai fini della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all'art. 415-bis cod. proc. pen. conserva efficacia ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, salvo che il pubblico ministero effettui ulteriori indagini dopo la notifica del menzionato avviso di conclusione delle indagini preliminari». 12. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge censure di merito. Con tale motivo il ricorrente lamenta la mancanza di motivazione circa l'elemento soggettivo del reato e segnatamente in ordine alla consapevolezza della provenienza delittuosa della merce. La Corte di appello ha desunto tale consapevolezza della provenienza delittuosa della merce, (che non è controverso essere oggetto di contraffazione), dal fatto che l'imputato svolgeva attività commerciale di import-export proprio di tali articoli e che tali articoli non erano stati da lui acquistati direttamente dalle ditte produttrici o da concessionari delle stesse. In base a tale argomento della Corte territoriale, non ha rilievo la considerazione, svolta nel secondo motivo di ricorso, che la contraffazione fosse di tale perfezione da poter trarre in inganno chiunque, e quindi anche il ricorrente. Infatti l'assunto della Corte di merito, posto a base dell'affermazione di responsabilità, è che l'imputato acquistò tale merce da soggetti diversi da quelli che legittimamente potevano porre in vendita i prodotti recanti il marchio in questione in originale. Si tratta di motivazione nella quale non si ravvisa alcuna carenza o illogicità che la renda sindacabile in questa sede. Non vi era, perciò, necessità di un'argomentazione ulteriore specifica circa la prova della consapevolezza della provenienza delittuosa della merce, dal momento che la consapevolezza della contraffazione è stata fatta derivare dall'acquisto dei prodotti con marchio contraffatto da soggetti che non potevano vendere prodotti con il marchio originale. 13. In presenza di un motivo infondato e di uno inammissibile il ricorso deve pertanto essere rigettato. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l'imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. Al rigetto del ricorso consegue altresì la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute in questo grado di giudizio dalla parte civile Guccio Gucci s.p.a., che si liquidano in euro 3.000,00 oltre al rimborso delle spese generali, I.V.A. e C.P.A., come per legge, sulla scorta della nota spese ritenuta congrua e considerato che nel giudizio di cassazione possono essere liquidati solo gli onorari. Infatti, l'attività dei difensori consiste nella sola "assistenza" di avvocato, onde non spettano al difensore le competenze procuratorie. (Cass. civ., Sez. 3, n. 19295 del 08/09/2006, Rv. 592637). P.Q.M Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute in questo grado dalla parte civile Guccio Gucci S.p.A., che liquida in euro 3.000,00 oltre le spese generali, I.V.A. e C.P.A., come per legge. Così deciso il 24 maggio 2012.