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REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Omissione di atti di ufficio – Diffida ad adempire – Mancata attivazione del pubblico funzionario – Pendenza di un giudizio sulla vicenda controversa – Conseguenze – Insussistenza del reato - Fattispecie. (C.p. articolo 328, comma 2).
In presenza di un rapporto controverso tra la pubblica amministrazione e il privato, nell’ambito del quale la prima, a fronte di un provvedimento sfavorevole del Tar, abbia fatto ricorso al Consiglio di Stato, risulta pretestuosa e irragionevole, in quanto finalizzata s sollecitare la pubblica amministrazione ad adottare un provvedimento in contrato con una precisa scelta già adottata e nota all’interessato, la «diffida ad adempiere» da quest’ultimo indirizzata al responsabile dell’ufficio competente finalizzata a ottenere l’adozione del provvedimento controverso o a rispondere per indicare le eventuali ragioni del ritardo. (La Corte, per l’effetto, ha esclusa la sussistenza del reato di cui all’articolo 328, comma 2, del C.p., ritenendo che il responsabile dell’ufficio, cui era stato addebitato di non avere corrisposto alla diffida, non fosse tenuto a farlo, perché la pendenza del giudizio amministrativo, conosciuta dall’interessato, rendeva insussistenza il dovere di attivarsi, per ribadire del resto quanto già devoluto alla cognizione del giudice.
Sezione VI, sentenza 20 giugno – 6 ottobre 2011 n. 36249 – Pres. Di Virginio; Rel. Milo; Pm (diff.) Selvaggi; Ric. Scarpai.
IMPUGNAZIONI PENALI
Appello – Sospensione condizionale della pena – Revoca – Richiesta formulata dall’imputato nel dibattito in appello – Possibilità. (C.p.p., articolo 597; C.p., articoli 163 e seguenti).
La sospensione condizionale della pena può essere revocata dal giudice di secondo grado, senza che ciò integri violazione del divieto della reformatio in pejus, non solo quando esista sul punto appello del pubblico ministero, ma anche quando la richiesta sia stata formulata nel dibattimento dall’imputato che dimostri in concreto di avervi interesse.
Sezione V, sentenza 13 luglio – 2 novembre 2011 n. 39346 – Pres. Calabrese; Rel. Vessichelli; Pm (parz. conf.) Delehaye; Ric. Mattioni e altro.
REATI CONTRO LA PERSONA
Reati contro l’onore – Diffamazione – Diritto di critica – Esimente dell’esercizio dell’attività difesiva – Applicazione – Contenuto calunnioso dell’addebito - Fattispecie. (C.p., articoli 595e 598).
La scriminante prevista dall’articolo 598 del C.p. è applicabile solo in ipotesi di mere offese contenute nell’atto espressivo del diritto di difesa tecnica, mentre non può essere invocata allorquando l’atto difensivo contenga fatti non semplicemente diffamatori, ma calunniosi (nella specie, la Corte ha escluso l’applicabilità della scriminante relativamente a una comparsa difensiva ove, nell’ambito di un procedimento civile proposto da un avvocato per lì ottenimento della retribuzione delle proprie prestazioni professionali, per resistere al ricorso si erano attribuiti alla controparte fatti sicuramente falsi, in ipotesi rientranti nella fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 380 del C.p.).
Sezione V, sentenza 19 maggio – 21 luglio 2011 n. 29235 – Pres. Amato; Rel. Sabeone; Pm ( conf.) Fondaroni; Ric. Proc. gen. App. Milano e altro in proc. Invernizzi e altro.
REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Esercizio abusivo della professione - Professione medica – Intervento di circoncisione - Fattispecie. (C.p., articolo 348).
La circoncisione cosiddetta rituale e, quindi, non terapeutica, effettuata da parte di soggetti di diverse etnia, per motivi culturali – religiosi, quando non trova una copertura normativa (come nel caso nell’ebraismo, a seguito della legge 8 marzo 1989 n. 101, con cui si è data attuazione all’intesa stipulata il 27 febbraio 1987 tra lo Stato e l’Unione delle Comunità ebraiche italiane: normativa che contiene un implicito riconoscimento della conformità della pratica circonciso ria ebraica ai principi dell’ordinamento giuridico italiano), comportando una manipolazione del corpo umano potenzialmente rischiosa per la salute ed essendo oggettivamente, pur in assenza di preventive finalità terapeutiche, un atto di natura medica (trattasi di vero e proprio intervento chirurgico), non può essere affidata al libero esercizio di una qualsiasi persona, ma deve essere eseguita da un medico. In difetto, è ravvisabile il reato di esercizio abusivo della professione medica previsto e punito dall’articolo 348 del C.p. (nella specie, peraltro, l’imputata, di nazionalità nigeriana, era stata chiamata rispondere, in concorso, del reato di esercizio abusivo della professione per avere sottoposto a circoncisione il proprio figlio neonato; la Corte, peraltro, ha annullato la sentenza di condanna, rilevando come le circostanze oggettive e soggettive della vicenda deponessero per l’ignoranza incolpevole della legge).
Sezione VI, sentenza 22 giugno – 24 novembre 2011 n. 43646 – Pres. Agrò; Rel. Milo; Pm ( conf.) D’Ambrosio.
SANITA'
Responsabilità professionale – Medico – Misure cautelari personali – Misure interdittive – Condizioni – Pericolo di recidiva – Apprezzamento - Fattispecie. (C.p.p., articoli 273 e segg., 274, lettera c), 287 e seguenti; C.p., articoli 133 e 589.
Ai fini dell’applicazione di una misura interdittiva nei confronti di un medico chiamato a rispondere del reato di omicidio colposo in danno di un paziente, onde apprezzare il pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie, devono essere esaminate e apprezzate congiuntamente, giusta quanto disposto dall’articolo 274, lettera c), del C.p.p., le concrete modalità di commissione del fatto e tutti gli altri parametri enunciati dall’articolo 133 del C.p. che possono evidenziare la personalità del soggetto. Al riguardo, appare sicuramente rilevante il “grado della colpa”, inteso quale difformità della condotta tenuta rispetto alle regole cautelari, al livello di evitabilità dell’evento e al quantum di esigibilità dell’osservanza della condotta doverosa pretermessa; e può parimenti tenersi conto, per l’apprezzamento della personalità del sanitario, di ulteriori emergenze, anche esterne al processo, qualificanti le modalità di svolgimento dell’attività professionale: ciò al fine di pervenire, per l’applicazione della misura, alla prognosi di reiterazione dei comportamenti incriminati in relazione alle caratteristiche della struttura in cui il professionali sta opera, al comportamento da questi tenuto nella vicenda incriminata e all’offesa temuta agli stessi interessi già colpiti.
Sezione IV, sentenza 3 novembre – 18 novembre 2011 n. 42588 – Pres. Brusco; Rel. Galbiati; Pm ( conf.) Mura.
IMPUGNAZIONI PENALI
Ricorso per cassazione – Casi di ricorso – Diniego della continuazione – Interesse all’impugnazione – Sussistenza – Possibilità di applicare la continuazione infase esecutiva – Irrilevanza. (C.p.p., articoli 568, comma 4, 606 e 671; C.p., articolo 81).
L’imputato ha interesse a proporre ricorso avverso la sentenza che abbia negato il vincolo della continuazione tra i reati per cui è stata pronunciata condanna, giacché la possibilità di applicazione della continuazione anche in sede di cognizione, stante il carattere più completo dell’accertamento e l’inesistenza del limite imposto dall’articolo 671 del C.p.p., vale a dire la preclusione per il giudice dell’esecuzione ad applicare la disciplina del reato continuato, se l’operatività della stessa sia stata esclusa dal giudice della cognizione.
Sezione VI, sentenza 21 giugno – 24 ottobre 2011 n. 38148 – Pres. Mannino; Rel. Milo; Pm (conf.) D’Angelo.
MISURE CAUTELARI
Misure cautelari personali – Avvenuta revoca o dichiarazione di inefficacia della misura – Persistenza dell’interesse all’impugnazione – Manifestazione - Necessità. (C.p.p., articoli 273 e seguenti, 299,314 e 568,comma 4).
Quando nelle ore del ricorso viene revocata o diventa inefficace una misura cautelare custodiale, perché possa ritenersi comunque sussistente l’interesse del ricorrente a coltivare l’impugnazione in riferimento a una futura utilizzazione dell’eventuale pronuncia favorevole ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione, è necessario che la circostanza formi oggetto di specifica e motivata deduzione, idonea a evidenziare in termini concreti il pregiudizio che deriverebbe dal mancato conseguimento della stessa, formulata personalmente dall’interessato. In altri termini, occorre che la parte manifesti, in termini positivi e univoci, la sua intenzione a servirsi della pronuncia richiesta in vista dell’azione di riparazione per l’ingiusta detenzione (si veda sezioni Unite, 16 dicembre 2010, Testini).
Sezione VI, sentenza 28 settembre – 25 ottobre 2011 n. 38661 – Pres. Garribba; Rel. Fidelbo; Pm (parz. diff.) Iacoviello; Ric. La Macchia e altro.
REATI CONTRO LA PERSONA
Lesioni personali colpose – Omessa custodia di animale –Soggetti tenuti alla custodia – Proprietario, possessore e semplice detentore – Fattispecie in tema di responsabilità per lesioni colpose cagionate dal morso di un cane. (C.p., articoli 40 e seguenti, 672 e 590).
In tema di custodia di animali, l’obbligo sorge ogni volta che sussiste una relazione di possesso o di semplice detenzione tra l’animale e una data persona, posta che l’articolo 672 del C.p. relaziona l’obbligo di non lasciare libero l’animale o di custodirlo con le debite cautele al possesso dell’animale, possesso da intendersi come detenzione anche solo materiale e di fatto senza che sia necessario che sussista una relazione di proprietà in senso civilistico. (Fattispecie in tema di responsabilità per lesioni colpose cagionate dal morso di un cane in cui la Corte ha rigettato il ricorso dell’imputata sottolineando come la stessa, proprio perché aveva in custodia temporanea il cane, avrebbe dovuto mettergli la museruola, a prescindere da un obbligo legale in tal senso, vuoi per la grossa taglia dell’animale, vuoi poi per il fatto che, trattandosi di semplice detentrice momentanea dell’animale, non era in grado di conoscere le possibili reazioni di questo anche nei confronti degli altri cani).
Sezione IV, sentenza 20 settembre – 5 ottobre 2011 n. 36069 – Pres. Brusco; Rel. Bianchio; Pm (conf.) Stabile; Ric. Addo.
REATI CONTRO L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA
Calunnia – Elemento soggettivo -Accertamento. (C.p., articolo 368).
In tema di calunnia, l’individuazione dell’elemento soggettivo (dono generico) – cioè la consapevolezza da parte del denunciante della innocenza del calunniato – è evidenziato, di norma, dalle concrete circostanze e dalle modalità esecutive che definiscono l’azione criminosa, dalle quali, con processo logico deduttivo, è possibili risalire alla sfera intellettiva e volitiva del soggetto. Ne consegue che la motivazione in ordine alla sussistenza del dolo deve svilupparsi nella considerazione e nella valutazione delle modalità della condotta che evidenziano la cosciente volontà dell’agente.
Sezione VI, sentenza 4-31 ottobre 2011 n. 39298 – Pres. Di Virginio; Rel. Fazio; Pm (conf.) Selvaggi; Ric. parte civile Benedetti in proc. Costantini e altro.
SOCIETA'
Responsabilità amministrativa degli enti – Sanzioni – Sanzioni interdittive – Applicazione in sede cautelare – Sostituzione con il commissariamento giudiziale - Modalità. (D.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, articoli 14, 15 e 45).
In materia di responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, in occasione della nomina, in sede cautelare, del commissario giudiziale in sostituzione della sanzione interdittiva, il giudice deve indicare «i compiti e i poteri» del commissario, tenendo conto della specifica attività svolta dall’ente e della situazione in cui si trovava il vertice della società.
Sezione VI, sentenza 28 settembre – 22 novembre 2011 n. 43108 – Pres. Garribba; Rel. Fidelbo; Pm (diff.) Iacoviello; Ric. EnnaEuno Spa.
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