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LAVORO
Infortuni sul lavoro – Normativa antinfortunistica – Destinatari – Responsabile del servizio si prevenzione e protezione – Responsabilità – Sussistenza – Condizioni. (D.L.vo, 19 settembre 1994 n. 626, articoli 4, 8, 8-bis e 9)
In materia di normativa antinfortunistica, il soggetto designato quale responsabile del servizio di prevenzioni e protezione, pur rimanendo ferma la posizione di garanzia del datore di lavoro, può ancorché sia privo di poteri decisionali e di spesa, essere ritenuto corresponsabile del verificarsi di un infortunio ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile a una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione.
Sezione IV, sentenza 16 dicembre 2009 – 15 gennaio 2010 n. 1834 – Pres. Mocali; Rel. Licari; Pm (conf.) De Sandro; Ric. Guarnotta
EDILIZIA URBANISTICA
Reati edilizi – Interventi abusivi – Ordine comunale di demolizione dell’immobile abusivo – Omissione – Effetti – Trasferimento automatico della proprietà al comune – Conseguenze in tema di dissequestri dell’immobile. (D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, articolo 31)
La mancata ottemperanza nei tempi prescritti dalla legge all’ordinanza comunale di demolizione dell’immobile abusivo, determina che questo, in caso di dissequestro da parte dell’autorità giudiziaria, vada restituito all’ente comunale, perché l’inottemperanza comporta di per sé l’automatica acquisizione gratuita dell’immobile al patrimonio del comune. In tal senso, infatti, dispone il comma 3 dell’articolo 31 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, dalla cui formulazione letterale risulta evidente che l’effetto ablatorio si verifica ope legis all’inutile scadenza del termine fissato per ottemperare all’ingiunzione di demolire; mentre, giusta quanto previsto dal successivo comma 4 dello stesso articolo 31, la notifica dell’accertamento formale dell’inottemperanza si configura come adempimento successivo, necessario ai diversi fini dell’immissione in possesso e della trascrizione nei registri immobiliari: la prima rilevante, in particolare, per la concreta esecuzione della demolizione;l’altra, in ossequio al regime di pubblicità dei trasferimenti immobiliari, rilevante per poter opporre ai terzi che abbiano acquistato diritti sull’immobile, ai sensi dell’articolo 2644 del codice civile, l’avvenuto trasferimento in favore dell’ente comunale.
Sezione III, sentenza 17 novembre 2009 – 22 gennaio 2010 n. 2912 – Pres. Lupo; Rel. Fiale; Pm (conf.); Ric. Calise
ESECUZIONE PENALE
Applicazione della disciplina della continuazione – Fattispecie relativa a plurime condanne per attività illecite in materia di sostanze stupefacenti. (C.p.p., articolo 671; C.p., articolo 81, comma 2, D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, articolo 73)
L’elemento caratterizzante l’istituto della continuazione va ravvisato nell’unicità del disegno criminoso, inteso quale scopo unitario dei singoli reati, i quali si presentano come realizzazione di un programma delineato – sia pure a grandi linee – ab initio nella mente del soggetto: tale originaria preordinazione dei singoli episodi criminosi va intesa, quindi, nel senso che, da quanto si commette la prima violazione, le altre devono essere già deliberate, per cui le singole manifestazioni della volontà violatrice della norma o delle norme esprimono l’attuazione, sia pur dilazionata nel tempo, di un unico disegno criminoso. In questa prospettiva, corretta e congruamente motivata è la decisione che abbia rigettato l’istanza di applicazione della continuazione in sede esecutiva tra plurimi reati di detenzione illecita e vendita di sostanze stupefacenti commessi in un arco temporale di circa dieci anni: ciò in quanto un’attività illecita di tal genere, pur evidentemente espressiva di una scelta di vita delineata dall’impiego di ricavare reddito, per sé e per la propria famiglia, dal commercio della droga, non è fisiologicamente contenibile in un unico programma, non foss’altro perchè le singole condotte di commercio (acquisto, vendita, determinazione determinazione dei prezzi a seconda del costo e dell’andamento della domanda e dell’offerta) risentono di scelte e calcoli, anche estemporanei, necessariamente modulati dall’andamento imprevedibile del mercato oltre che dalle personali scelte dell’agente sulla quota di reddito da destinare all’investimento nell’attività illecita
Sezione V , sentenza 25 settembre 2009 – 23 dicembre 2009 n. 49476 – Pres. Marasca; Rel. Bevere; Pm Ciampoli; Ric. Notaro
PROCEDIMENTO PENALE
Riti alternativi al dibattimento – Applicazione della pena su richiesta delle parti – Consenso – Irrevocabilità – Conseguenze anche in tema di impugnazione – Posizione del procuratore generale – Fattispecie. (C.p.p., articoli 444 e seguenti 606)
L’accordo tra imputato e il pubblico ministero che sta alla base del patteggiamento costituisce un negozio giuridico processualmente recettizio che, una volta pervenuto a conoscenza dell’altra parte e quando questa abbia dato il proprio consenso, diviene irrevocabile e non è suscettibile di modifica per iniziativa unilaterale dell’altra, in quanto il consenso reciprocamente manifestato con le dichiarazioni congiunte di volontà determina effetti non reversibili nel procedimento e pertanto né all’imputato né al pubblico ministero è consentito rimetterne in discussione i termini. Ciò vale anche per il procuratore generale, al quale nonostante la sovraordinanzione gerarchica e la titolarità autonomo potere di impugnazione, non può essere riconosciuto un potere che spetta alle parti. (Da queste premesse, la Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di impugnazione avverso la sentenza di patteggiamento, con il quale il procuratore generale deduceva la mancanza e la contraddittorietà della motivazione in ordine alla determinazione della pena base del reato più grave sulla quale si era poi formalizzato l’accordo).
Sezione VI, sentenza 29 ottobre 2009 -30 gennaio 2010 n. 4074; Pres. De Roberto; Rel. Mannino; Pm (conf.); Ric. Pg appello Firenze in proc. Talbi
REATI CONTRO L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA
Calunnia – Elemento materiale – Falsa denuncia di smarrimento di un assegno – Reato – Sussistenza. (C.p., articolo 368)
La falsa dichiarazione o denuncia a un ufficiale di polizia giudiziaria di aver smarrito un assegno consegnato invece in pagamento a un altro soggetto integra il reato di calunnia, poiché simula ai danni del prenditore del titolo il reato di furto o quello di ricettazione, e non eventualmente quello di approvazione di cosa smarrita. In proposito, è del tutto irrilevante l’evenienza che alla denuncia di smarrimento possa non aver fatto seguito la proposizione della querela per i reati di appropriazione indebita e di falso in assegno. Infatti perché possa configurarsi il reato di appropriazione indebita di cosa smarrita è necessario che la cosa sia uscita definitivamente dalla sfera di disponibilità del legittimo possessore e che questi non sia in grado di ripristinare su di essa il primitivo potere onde, poichè è sicuramente e agevolmente possibile risalire, sulla base delle annotazioni contenute nell’assegno, al titolare del conto, che si impossessa illegittimamente del titolo commette o il reato di furto o quello di ricettazione.
Sezione VI, sentenza 7-30 gennaio 2010 n. 4073 – Pres. e rel. de Roberto; Pm (conf.) Di Casola, Ric. Cardì
LAVORO
Lavoro – Infortuni sul lavoro – Normativa antinfortunistica – Comportamento negligente del lavoratore – Irrilevanza – Limiti – Rilevanza del comportamento abnorme – Significato. (D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, articolo 4 e seguenti, Codice civile 2087; D.P.R. 9 aprile 2008 n. 81, articolo 18; C.p., articolo 41)
In linea di principio, la condotta colposa del lavoratore infortunato può escludere la responsabilità del datore di lavoro solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità e dell’abnormità, potendosi attribuire tale carattere non solo alla condotta tenuta in un ambito estraneo alle mansioni affidate al lavoratore e, pertanto, concettualmente al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro, ma anche a quella che pur rientrando nelle mansioni proprie del lavoratore sia consistita in qualcosa di radicalmente, ontologicamente lontano dalle pur ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro.
ASSOCIAZIONI SEGRETE
Loggia massonica – Segretezza – Caratteristiche – Fattispecie. (Legge 25 gennaio 1982 n. 17)
Perché una loggia massonica possa considerarsi associazione segreta, vietata dall’articolo 18 della Costituzione, con conseguente illiceità penale delle attività di promozione, direzione e partecipazione in forza del combinato disposto degli articoli 1 e 2 della legge 25 gennaio 1982 n. 17, occorre la dimostrazione sia del carattere di segretezza (deve ritenersi segreta l’associazione che occulti la propria esistenza ovvero che tenga segrete congiuntamente finalità e attività sociali ovvero, ancora, che renda sconosciuti, in tutto o in parte e anche reciprocamente, i soci), sia dello svolgimento di un’attività diretta a interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionale, di amministrazioni pubbliche, anche a ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale (sulla base di queste premesse, rilevata la carenza di elementi atti a dimostrare l’esistenza di un’associazione segreta la Corte ha annullato senza rinvio il provvedimento di sequestro probatorio di due opuscoli descrittivi dell’attività di una loggia massonica).
Sezione VI, sentenza 19 gennaio – 8 febbraio 2010 n. 4999 – Pres. Di Virginio; Rel. Conti; Pm (conf.) Selvaggi; Ric. Curatola
CIRCOLAZIONE DELLA STRADA E CODICE DELLA STRADA
Comportamento del conducente in caso di incidente – Incidente con danno alla persona – Inottemperanza all’obbligo di fermarsi – Elemento materiale – Contenuto dell’obbligo di fermarsi – Fattispecie. (Decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, articolo 189, commi 1 e 6)
E’ ravvisabile il reato di cui all’articolo 189, comma 6, del codice della strada anche nei casi in cui la persona, al cui comportamento sia comunque ricollegabile un incidente stradale con danni alle persone, si sia fermato (eventualmente anche prestando l’assistenza necessaria), ma si sia allontanata prima dell’arrivo degli appartenenti agli organi di polizia preposti all’accertamento dell’esistenza di eventuali reati o comunque agli accertamenti in materia di infortunistica stradale. La finalità della norma, infatti, è ravvisabile non solo nell’esigenza di soddisfare gli obblighi di solidarietà che impogono di prestare assistenza alle persone che, in conseguenza del proprio comportamento (indipendentemente dall’esistenza della colpa), abbiano subito danni alla persona, ma anche in quella di assicurare la compiuta ricostruzione delle modalità di verificazione dell’incidente, onde l’obbligo di fermarsi impone quello di sottoporsi all’identificazione e ai necessari accertamenti sul luogo dell’incidente da parte degli organi di polizia diretti a ricostruire l’incidente ai fini dell’eventuale instaurazione del procedimento penale e comunque ai fini di conoscenza per eventuali iniziative risarcitorie (da queste premesse, la Corte ha escluso che potesse ritenersi ottemperato l’obbligo di fermarsi nella condotta dell’imputato, il quale, dopo avere pronunciato qualche parola, solo per protestare la sua mancanza di colpa, si era allontanato subito dopo senza attendere l’arrivo degli organi di polizia e senza neppure fornire alla controparte le proprie generalità).
Sezione IV, sentenza 10 dicembre 2009-28 gennaio 2010 n. 3568 Pres. Morgigni; Rel. Brusco; Pm (conf.) Di Popolo; Ric. Roman
Comportamento del conducente in caso di incidente – Incidente con danno alla persona – Inottemperanza all’obbligo di fermarsi – Presupposti – Elemento soggettivo – Dolo – Contenuto – Dolo eventuale – Sufficienza – Fattispecie. (Decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, articolo 189, commi 1 e 6)
Ai fini della configurabilità del reato di cui all’articolo 189, comma 6, del codice della strada, che punisce l’utente della strada che, in caso di incidente con danno alle persone, non ottempera all’obbligo di fermarsi, il dolo richiesto per la punibilità può essere integrato anche dal solo dolo eventuale, non essendo necessario il dolo interzonale (nella specie, l’imputato sosteneva non essersi res effettivamente conto che la persona coinvolta nell’incidente avesse subito lesioni, mentre il giudice di merito, la cui conclusione è stata condivida dalla Cassazione, aveva argomentato la sussistenza del dolo in ragione della gravità dell’infortunio, sul rilievo che la circostanze che l’autovettura condotta dall’altro conducente fosse finita fuori strada finendo la sua marcia contro un muretto rendeva del tutto probabile che si fosse verificato anche un danno alla persona, onde l’imputato si era allontanato dal luogo dell’incidente «a costo che questo danno esistesse».
Sezione IV, sentenza 10 dicembre 2009-28 gennaio 2010 n. 3568; Pres. Morgigni; Rel. Brusco; Pm (conf.) Di Popolo; Ric. Roman
DIFENSORE PENALE
Impedimento a comparire – Concorrente impugno professionale – Istanza di rinvio – Formalità – Giustificazione della mancata nomina di un sostituto. (C.p.p., articoli 420 – ter e 484)
In tema di legittimo impedimento del difensore, la richiesta di differimento dell’udienza per concomitante impiego professionale deve corredata anche dalla giustificazione della mancata nomina di un sostituto, come è desumibile, oltreché da ragioni di ordine sistematico, dall’ultimo periodo dell’articolo 420-ter, comma 5, del C.p.p..
Sezione VI, sentenza 22 gennaio – 18 febbraio 2010 n. 6668 – Pres. de Roberto; Rel. Rotundo; Pm (conf.) Iacoviello; Ric. Balsano
MISURE CAUTELARI
Misure cautelari personali – Impugnazioni – Riesame – Trasmissione degli atti al tribunale del riesame – Mancata trasmissione – Rilevanza dei soli atti presentati al Gip – Fattispecie. (C.p.p., articolo 309, commi 5 e 10)
La violazione dell’articolo 309, comma 5, del C.p.p., con conseguente inefficacia della misura, si ha solo nel caso di mancata trasmissione al tribunale del riesame di atti trasmessi al Gip a supporto della richiesta di misura cautelare (la Corte ha quindi condiviso l’assunto del tribunale del riesame che aveva rigettato la doglianza evidenziando che i “brogliacci” recanti la trascrizione integrale delle conversazioni intercettate- di cui difesa lamentava la mancata trasmissione – non erano stati neppure trasmessi al Gip, che aveva deciso sulla base degli stralci riportati nelle informative).
Sezione I, sentenza 17 novembre – 28 dicembre 2009 n. 49626- Pres. Fazzioli; Rel. Di Tommasi; Pm (conf.) Febbraro; Ric. Pezzalla
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