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FALLIMENTO
Reati fallimentari – Bancarotta fraudolenta per distrazione – Elemento soggettivo – Dolo generico – Contenuto. (R.D. 16 marzo 1942 n. 267, articolo 216, comma 1, n. 1)
A integrare l’elemento psicologico della bancarotta fraudolenta per distrazione è sufficiente il dolo generico, che consiste nella coscienza e volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alle finalità dell’impresa, nella prevedibilità di un pregiudizio per i creditori sotto il profilo della riduzione della garanzia patrimoniale offerta dal debitore, mentre non è necessaria la consapevolezza dello stato di dissesto in cui l’impresa stessa si trova.
Sezione V, sentenza 12 maggio – 23 settembre 2009 n. 37107 –Pres. Amato; Rel . Oldi; Pm (conf.) Febbrano; Ric. Bonora
IMPUGNAZIONI PENALI
Ricorso per cassazione – Casi di ricorso – Difetto di motivazione – Modifiche normative introdotte dalla legge 20 febbraio 2006 n. 46 – Sindacato di legittimità – Contenuto – Limiti. (C.p.p., articolo 606, comma 1, lettera e)
Alla luce della nuova formulazione dell’articolo 606, comma 1 , lettera e) del C.p.p., come modificato dalla legge 20 febbraio 2006 n. 46, il vizio di motivazione può essere rilevato non solo quando lo stesso «risulta dal tasto del provvedimento impugnato», ma anche allorché esso emerga «da altri atti del procedimento specificamente indicati nei motivi di grame». Sotto il primo profilo, cioè del vizio rilevabile «all’interno della motivazione», il vizio di mancanza o manifesta illogicità della motivazione, valutabile in sede legittimità, sussiste il provvedimento giurisdizionale manchi del tutto della parte motivata ovvero essa, pur esistendo graficamente, sia tale da non evidenziare l’iter argomentativo seguito dal giudice per pervenire alla decisione adottata; e sussiste, ancora, nell’ipotesi in cui dal tasto della motivazione emergano illogicità o contraddizioni di tale evidenza da rilevare una totale estraneità tra argomentazioni adottate e la soluzione decisionale prescelta. In tutti casi, il vizio sussiste quando la scrittura motivazionale della sentenza si presenta del tutto inadeguata e incoerente sul piano logico. Ad analoga conclusione deve pervenirsi anche con riguardo all’ipotesi di vizi motivazionali emergenti rispetto ad «altri atti del procedimento» sotto tale secondo profilo dovendo ricondursi il contrasto tra la decisione impugnata e i contenuti della prova rappresentativa in atti, specificamente indicati dal ricorrente e certamente dotati di significativo probatorio, capace di disarticolare l’impianto motivazionale della sentenza impugnata.
Sezione IV, sentenza 28 aprile – 21 settembre 2009 n. 36542 – Pres. Mocali; Rel. Foti; Pm (conf.) Geraci; Ric. Parte civile Di Cola in proc Sciacchitano
PROCEDIMENTO PENALE
Riti alternativi al dibattimento – Applicazione della pena su richiesta delle parti – Sentenza di «patteggiamento» - Ricorribilità per cassazione – Limiti. (C.p.p., articoli 444 e seguenti e 606).
Nel «patteggiamento», una volta che il giudice abbia ratificato l’accordo, non è più consentito alle parti prospettare, in sede di legittimità, questioni con riferimento alla sussistenza e alla qualificazione giuridica del fatto, alla sua attribuzione soggettiva, all’applicazione e comparazione delle circostanze, alla entità e modalità di applicazione della pena (salvo che non si versi in ipotesi di pena illegale; ndr). Né può riconoscersi alla parte un concreto interesse a dedurre su tali la mancanza o l’insufficienza della motivazione, dal momento che la statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia.
Sezione feriale, sentenza 23-30 luglio 2009 n. 31301 – Pres. Grassi; Rel. Sensini; Pm (conf.) Galati; Ric. Nosni
REATI CONTRO IL PATRIMONIO
Ricettazione – Elemento soggettivo – Prova – Dimostrazione. (C.p., articolo 648).
Ai fini della configurabilità della ricettazione, la prova della conoscenza della provenienza delittuosa della cosa (nella specie, trattavasi di un assegno bancario) può essere dedotta dall’assenza di qualsiasi attendibile spiegazione in ordine alla modalità della sua ricezione.
Sezione II, sentenza 30 aprile – 1° settembre 2009 n.33544 – Pres. Cosentino; Rel. Renzo; Pm (conf.) Martusciello; Ric. Santarsiero e altro.
REATO IN GENERE
Reato permanente – Capo di imputazione che non indica la data di cassazione permanenza – Possibilità per il giudice di tener conto del protrarsi della condotta – Sussistenza – Ragioni – Nuove contestazioni – Necessità – Esclusione – Momento di cessazione della permanenza – Individuazione – Coincidenza con la pronuncia della sentenza di condanna in primo grado – fattispecie. (C.p., articolo 158)
Poiché la contestazione del reato permanente, per l’intrinseca natura del fatto che enuncia, contiene già l’elemento del perdurare della condotta antigiuridica, qualora il pubblico ministero si sia limitato a indicare esclusivamente la data iniziale (o la data dell’accertamento) e non quella finale, la permanenza – intesa come dato della realtà- deve ritenersi compresa nell’imputazione, sicché l’interessato è chiamato a difendersi nel processo in relazione a un fatto la cui essenziale connotazione è data dalla sua persistenza nel tempo, senza alcuna necessità che il protrarsi della condotta criminosa formi oggetto di contestazione suppletive da parte del titolare dell’azione penale. (La Corte, nel richiamare i principi già espressi dalle sezioni Unite, 13 luglio 1998, Montanari, ha ribadito che la contestazione del reato permanente assume una sua vis expansiva fino alla pronuncia della sentenza, e ciò non perché in quel momento cessi o si interrompa naturalisticamente o sostanzialmente la condotta, sebbene solo perché le regole del processo non ammettono che possa formare oggetto di contestazione, di accertamento giudiziale e di sanzione una realtà fenomenica successiva alla sentenza, pur se legata a quella giuridica da un nesso inscindibile per la genesi comune, l’omogeneità e l’assenza di soluzione continuità, la quale potrà essere eventualmente oggetto di nuova contestazione; per l’effetto, la Corte, in una fattispecie in cui oggetto di contestazione era il reato di violazione agli obblighi di assistenza familiare, con indicazione nel capo di imputazione della sola data di presentazione della querela, ha ritenuto che correttamente il giudice di appello aveva affermato che il termine di prescrizione fosse iniziato a decorrere dalla data della sentenza di condanna di primo grado).
Sezione Vi, sentenza 11 giugno – 16 luglio 2009 n. 29432 – Pres. de Roberto; Rel. Colla; Pm (conf.) Di Casola; Ric. Posante
SENTENZA PENALE
Requisiti della sentenza – Motivazione – Obbligo del giudice di dar conto di tutti gli elementi indiziari o probatori emersi – Esclusione – Coerente motivazione sugli elementi essenziali – Sufficienza. (C.p.p., articoli 546 e 606)
In tema di difetto di motivazione, il giudice di merito non ha l’obbligo di soffermarsi a dare conto di ogni singolo elemento indiziario o probatorio acquisito in atti, potendo egli invece limitarsi a porre in luce quelli che, in base al giudizio effettuato, risultando gli elementi essenziali ai fini del decidere, purchè tale valutazione risulti logicamente coerente.
Sezione VI, sentenza 8-21 luglio 2009 n. 30346 – Pres. Mannino; Rel. Lanza; Pm (conf) Iacoviello; Ric. Abruzzese e altri.
IMPUGNAZIONI PENALI
Disposizioni generali – Condanna alla spese nei giudizi di impugnazione – Modifica della decisione di primo grado in senso più favorevole all’imputato – Condanna alle spese processuali – Esclusione – Fattispecie. (C.p.p., articolo 592)
In tema di condanna alle spese nei giudizi di impugnazione, il giudice di appello che modifichi la decisione di primo grado in senso più favorevole all’imputato non può contestualmente condannarlo alle spese processuali, in quanto tale condanna consegue esclusivamente, e senza possibilità di deroghe, al rigetto dell’impugnazione o alla declaratoria della sua inammissibilità. (Nella specie, la Corte ha annullato la sentenza di appello nella parte in cui aveva condannato l’imputato al pagamento delle spese processuali benché, nel confermarsi il giudizio di responsabilità, fosse stato parzialmente accolto l’appello in punto di condanna in favore della parte civile, essendo state dichiarate dal giudice di appello la nullità dell’ordinanza ammissiva della costituzione di parte civile e la derivata nullità della sentenza di primo grado che aveva statuito sulla relativa domanda).
Sezione VI, sentenza 8-21 luglio 2009 n. 30346- Pres. Mannino; Rel. Lanza; Pm (conf.) Iacoviello;Ric. Abruzzese e altri
REATI CONTRO IL PATRIMONIO
Truffa – Inadempimento civile – Differenze – Fattispecie in tema di consegna di assegno privo di copertura. (C.p., articolo 640)
E’ configurabile la truffa, e non il mero inadempimento civile, quando la pattuizione contrattuale è meno civile, quando la pattuizione contrattuale è qualificata dal dolus in contraendo, che si manifesta attraverso “artifizi” e raggiri” che, intervenendo nella formazione del negozio, inducono la controparte a prestare il proprio consenso; cioè quando sussiste un rapporto immediato di causa ed effetto tra il mezzo o l’espediente fraudolento usato dall’agente e il consenso ottenuto dal soggetto passivo, sì che questo risulta viziato nella sua libera determinazione. (Nella vicenda, secondo la Corte, il giudice di merito bene aveva argomentato la sussistenza del dolo della truffa e l’utilizzo di mezzi fraudolenti atti a vulnerare la libera determinazione contrattuale di controparte, valorizzando negativamente, tra l’altro,la spendita di falsa generalità da parte del contraente, in occasione della consegna di un assegno privo di copertura).
Sezione feriale, sentenza 13-17 agosto 2009 n. 33408 – Pres.Rotundo; Rel. Piccialli; Pm (conf.) Montagna; Ric. Hudorovich e altro
REATO IN GENERE
Circostanza del reato – Circostanze aggravanti comuni – Danno patrimoniale di rilevante gravità – Apprezzamento - Rilevanza oggettiva – Fatti specie. (C.p., articolo 61, n.7)
Ai fini della sussistenza della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità (articolo 61, n. 7, del C.p.), preliminare e decisivo è l’esame dell’oggettiva rilevanza economica del danno, desunta essenzialmente dal livello economico medio della comunità sociale nel momento storico, in cui il reato viene commesso, indipendentemente dalla consistenza patrimoniale del danneggiato: principio che vale a fortiori in presenza di un valore economico di auto evidente oggettiva rilevanza. (Affermazione resa in una fattispecie di tentata truffa avente a oggetto la compravendita di un’autovettura dietro corresponsione di un assegno privo di copertura di importo superiore a 23mila euro: la Corte ha ritenuto correttamente ravvisata l’aggravante in ragione dell’importo dell’operazione economica, tra l’altro riferentesi all’anno 2002, di oggettiva rilevanza).
Sezione feriale sentenza 13-17 agosto 2009 n. 33408 – pres. Rotundo; Rel. Piccialli; Pm (conf.) Montagna; Ric. Hudorovich e altro
SPORT
Titolare di una piscina – Posizione di garanzia nei confronti degli utenti – Contenuto – Limiti – Accesso abusivo di un frequentatore – Annegamento – Responsabilità del gestore – Esclusione. (C.p., articoli 40,41,43 e 589)
Non può addebitarsi al titolare di una piscina, allorquando l’impianto sia chiaramente chiuso e contornato da barriere metalliche per evitare eventuali cadute accidentali in acqua, la morte di un soggetto che, per scelta autonoma, malgrado il divieto del gestore, si sia tuffato in acqua, non sapendo neppure nuotare; e sia così deceduto per annegamento. E’ pur vero, infatti, che il responsabile di una piscina è titolare di una posizione di garanzia in forza della quale è tenuto ad assicurare l’incolumità fisica degli utenti mediante l’idonea organizzazione dell’attività sportiva e l’incolumità dei frequentatori del sito (nella specie, tratta vasi di piscina attigua a un ristorante) nel periodo di non funzionamento dell’impianto, peraltro non può ravvisarsi alcun collegamento eziologico, né può formularsi alcun addebito a titolo di colpa, a carico del gestore nel caso in cui la scelta di tuffarsi sia esclusivamente da ricondursi alla vittima, senza che quindi possa ricondursi l’evento alla mancata attuazione di un presidio impeditivo da parte del titolare della piscina.
Sezione IV, sentenza 30 aprile -17 giugno 2009 n. 25437 – Pres. Rizzo; Rel. Galbiati; Pm (diff.) Monetti; Ric. Sansone
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